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Maciste, alimentatore 13.8Vdc - 20A

Maciste, alimentatore 13.8Vdc - 20A

Nel momento in cui è entrato a far parte della mia stazione, Maciste era il kit LX.1147 di Nuova Elettronica, un alimentatore stabilizzato con tensione d'uscita regolabile tra 10 e 14 Vdc, capace di erogare una corrente continua pari a 20A massimi. Il progetto di Nuova Elettronica prevedeva un amplificatore differenziale (realizzato con due transistors BC547 ed un diodo zener di precisione LM339) per la stabilizzazione della tensione continua d'uscita e due transistors IGBT tipo GT20D201 per l'erogazione della corrente assorbita da un RTX avente potenza RF d'uscita pari a 100W massimi. Però, tale progetto non prevedeva alcuna protezione nè per l'alimentatore, nè per il circuito utilizzatore collegato ad esso, al di là del fusibile in serie al primario del trasformatore di rete e di un diodo 1N4001 utilizzabile, però, solo con carichi che assorbono fno a 10A. Durante un QSO con gli amici OM della Sicilia, parlando dell'assenza delle suddette protezioni, Pinuccio IT9CMV mi disse: "Valerio, pensa all'apparato. Ne hai uno solo, non ne vale la pena", alludendo al rischio di utilizzare il mio Kenwood TS-140S con un alimentatore, più o meno, privo di protezioni per il carico. Dopo di allora, altri progetti sono venuti prima che io trovassi una soluzione per l'LX.1147. Ma non ho mai dimenticato le parole di Pinuccio, ed il risultato è descritto di seguito.

Schema elettrico

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    Maciste - Schema elettrico (PDF)

Secondo me, l'unica caratteristica del kit LX.1147 è l'amplificatore differenziale impiegato per stabilizzare la tensione continua disponibile ai terminali d'uscita dell'alimentatore. A proposito dei suddetti fusibile sul primario del trasformatore di rete e diodo 1N4001, non so se tali soluzioni circuitali fossero sufficienti in caso di extratensione d'uscita (ad esempio, qualora i due IGBT - o anche uno solo di essi - si trovassero in cortocircuito tra i rispettivi collettore ed emettitore), extracorrente/sovraccarico (come in presenza di un cortocircuito tra i terminali d'uscita dell'alimentatore o di un carico che richieda una corrente maggiore di quella che l’alimentatore stesso può erogare) o temperatura eccessiva su uno o piu dei componenti di questo. Per evitare le possibili conseguenze di tali situazioni, ho progettato uno stadio regolatore di tensione e di protezione con cui sostituire il differenziale previsto da Nuova Elettronica ed introdurre, oltre alla regolazione della tensione continua d'uscita, gli accorgimenti circuitali per contenere le suddette anomalie di funzionamento dell'alimentatore. Dato che avevo a disposizione due circuiti integrati UA723C, ereditati dalla "demolizione" di un vecchio stabilizzatore di tensione di rete (con ingresso ed uscita a 230Vac), ho deciso di utilizzare uno di essi. Probabilmente, esistono altri integrati con caratteristiche identiche o superiori a quelle del UA723C, ma ho voluto utilizzare - comunque - ciò che avevo già, convinto che le sue capacità fossero sufficienti per ciò di cui avevo bisogno. Lo schema elettrico del "nuovo" stadio di stabilizzazione/protezione è, letteralmente, la copia di una delle applicazioni previste per il UA723C, ricavata dal datasheet dello stesso (applicazione n. 5: "Positive Voltage Regulator (with external PNP pass transistor)", pagina 6 del datasheet pubblicato dalla Fairchild).

ATTENZIONE!

Come indicato nel datasheet, affinchè sia possibile ottenere 15Vdc ±10% con l’applicazione "Positive Voltage Regulator (with external PNP pass transistor)", è necessario modificare l’applicazione stessa come segue:

  • il partitore costituito da R1, P1 e R2 (P1 non è visibile nell’applicazione n.5, ma è previsto nella nota 4, alla quale rimanda la tabella 1 – quest’ultima contiene i valori di R1, P1 ed R2 per le varie tensioni continue stabilizzate che è possibile ottenere con l’UA723C) va rimosso dai pins 6 (Vref) e 5 (IN+) dell’integrato e dalla massa, e deve essere collegato ai pins 3 (Csens, estremo libero – alto, nella figura – di R1) e 4 (IN-, cursore di P1) ed alla massa (estremo libero – basso, nella figura – di R2);
  • il condensatore, pari a 1nF, collegato tra il pin 13 (Fcomp) e la massa deve essere ridotto a 500pF (o 470pF) e collegato tra lo stesso pin ed il pin 4 (IN-);
  • tra il pin 6 (Vref) ed il pin 5 (IN+) dell’UA723C, ove era il partitore R1/P1/R2, va collegata una resistenza pari a 1500Ω.

L'integrato e tutti i componenti presenti all'interno di detto schema sono stati ospitati su un circuito stampato distinto dai due presenti nell'LX.1147, fissato alla facciata interna della parete laterale destra del contenitore metallico originale dell'alimentatore. Lo stampato su cui si trovavano gli IGBT e tutti i componenti del precedente stadio stabilizzatore di tensione è stato mantenuto (per ovvie ragioni di comodità), ma sono stati rimossi i componenti non previsti dal nuovo schema elettrico dell'alimentatore, o quelli che sono stati spostati sul terzo (nuovo) circuito stampato.

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Inoltre, adattare detto schema per l'utilizzo di due transistors IGBT, anzichè di due o più transistors bipolari esterni all'UA723 C, è stato semplicissimo ed immediato. Nello stesso schema, la resistenza siglata Rsc (in inglese, "R": resistor e "sc": short circuit = cortocircuito) serve ad ottenere, ai sui capi, una caduta di tensione pari a 0.65Vdc. Ciò avviene in caso di cortocircuito tra i terminali d'uscita dell'alimentatore, o quando viene raggiunta la corrente massima prevista per l'alimentatore stesso. In entrambi i casi, poichè tale resistenza è collegata alla base ed all'emettitore di un transistor interno all'UA723C, detta caduta di tensione su di essa serve a portarlo in conduzione in modo da innescare la modalità di protezione possibile con l'integrato per salvaguardare l'alimentatore ed il suo carico. Nel caso di Maciste, la corrente erogabile massima (corrispondente alla corrente di cortocircuito) è stata prevista pari a 25A: per ottenere la suddetta caduta di tensione ai capi di Rsc, è necessario (per quest'ultima) un valore pari a 0.026Ω. Io ho utilizzato 10 resistenze - ciascuna pari a 0.27Ω , a filo, in cassa ceramica, 5W di potenza dissipabile massima -, in parallelo tra loro, per ottenere un valore complessivo pari a 0.027Ω, con il quale la corrente di picco scende a poco meno dei 25A iniziali. Per me, è accettabile. In ogni caso, i 100Ω del potenziometro posto in parallelo a dette 10 resistenze consente una regolazione fine del valore risultante (nonchè una compensazione delle loro tolleranze).

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Qualora si verifichi un sovraccarico od un cortocircuito all’uscita di Maciste, le misure di prevenzione descritte dovrebbero essere sufficienti per impedire qualunque conseguenza. Ma se uno degli IGBT va in cortocircuito tra emettitore e collettore, a valle del medesimo (cioè, all’uscita dell’alimentatore) sarebbe presente la tensione continua che si trova ai capi del ponte raddrizzatore e degli elettrolitici di filtraggio/livellamento. Il valore di tale tensione, pari a 24Vdc (circa), creerebbe danni ad un carico progettato per essere alimentato a 13.8Vdc (incluso il mio Kenwood TS-140S, l’apparato collegato a Maciste). Ho pensato che la tensione continua massima all’uscita dell’alimentatore non debba superare i 15Vdc, valore che mi è parso un limite di sicurezza adeguato per il carico. Prendendo spunto dallo schema elettrico dell’alimentatore stabilizzato recensito sull’ARRL Handbook 2011 (capitolo 7, paragrafo 16.2), schema che mi è stato utile per sviluppare il progetto di Maciste, ho utilizzato un SCR (siglato BTW67-1000 e prodotto dalla ST) collegato tra la boccola d’uscita positiva e quella negativa dell’alimentatore.

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Mediante le due resistenze R13 e R14, nel caso la tensione continua all’uscita di Maciste raggiunga o superi i 15Vdc, l’SCR è stato tarato per andare in conduzione. Vale a dire, per mettere in cortocircuito i terminali d’uscita dell’alimentatore. Tale situazione, se prolungata nel tempo, porterebbe alla distruzione del fusibile posto in serie al primario del trasformatore di rete, ma rappresenta una efficace protezione per carichi intolleranti a tensioni continue di alimentazione superiori ai 15Vdc che Maciste non deve superare. Un’altra, opportuna misura di protezione è quella contro il surriscaldamento dei componenti dell’alimentatore, ma – al momento – non sono in grado di integrare tale soluzione circuitale in questo progetto. Inoltre, affinchè all’uscita di Maciste sia presente una tensione continua quanto più possibile esente da disturbi provenienti dalla rete elettrica a 230Vac/50Hz, ho utilizzato un filtro di rete (con tensione d’ingresso/uscita pari a 230Vac/50Hz e corrente passante massima pari a 10A) collegato a monte del trasformatore di rete (e del fusibile che si trova sul suo primario). Inutile dire che un corretto ed efficace funzionamento di detto filtro è funzione della presenza di un impianto di messa a terra efficiente e, soprattutto, conforme alle normative elettrotecniche vigenti.

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Taratura

In anticipo sulla prima accensione dell’alimentatore, è necessario portare gli indici dei potenziometri R12 e R13, rispettivamente, verso l’estremo collegato all’RF choke L1 (realizzato avvolgendo, su un nucleo toroidale in ferrite FT140-77, entrambi i conduttori collegati alle boccole d’uscita dell’alimentatore – per ciascun conduttore, 5 spire avvolte su una metà del nucleo) e verso l’estremo collegato all’anodo dell’SCR. Dopo aver “varato” Maciste e constatato la presenza dei 13.8Vdc richiesti sui suoi terminali d’uscita (tale tensione può essere impostata, se necessario, agendo sul potenziometro R9), vanno effettuate la taratura di Rsc e dell’SCR. La prima operazione serve a definire il valore della resistenza di cortocircuito dell’UA723C in modo che, in presenza di un carico che assorbe 25A, la resistenza stessa crei – ai suoi capi - una caduta di tensione pari a 0.65Vdc, portando l’integrato in modalità di protezione. Come carico ho utilizzato 3 circuiti stampati su ciascuno dei quali sono presenti 20 resistenze, tutte a filo ed in cassa ceramica, con potenza dissipabile massima pari a 5W per ciascuna. Tali resistenze sono state organizzate in 10 coppie, tutte in parallelo tra loro: all’interno di ciascuna coppia, le resistenze sono (ovviamente) in serie. Per 2 di tali circuiti, le resistenze all’interno di ciascuna coppia sono pari a 12Ω ed 1.8Ω, con un valore risultante pari a 13.8Ω. Il parallelo delle 10 coppie ammonta a 1.38Ω: applicando 13.8Vdc ad uno dei circuiti così realizzati, il suo assorbimento sarà pari a 10A (circa, tolleranza delle resistenze permettendo). Ai 20A assorbiti da essi si aggiungono i 5A assorbiti dal terzo circuito, le cui coppie sono costituite da resistenze pari a 22Ω e 5.6Ω. La resistenza totale, per detto terzo circuito, sarà pari a 2.76Ω. La prima cosa da fare per tarare Rsc è spegnere l’alimentatore. Si collega il carico (qualunque esso sia – i 3 circuiti descritti precedentemente o un altro tipo di circuito -, purchè assorba 25A) ai terminali d’uscita di Maciste. Ora, si può accendere l’alimentatore. A pieno assorbimento (di nuovo: 25A), lentamente e con la massima attenzione, si porta l’indice di R12 verso l’estremo collegato all’UA723C ed ai collettori dei due IGBT. Non appena l’integrato entra in modalità di protezione, Maciste va spento ed il carico scollegato dalle sue boccole d’uscita. Rsc ha raggiunto il valore necessario a salvaguardare l’alimentatore ed il carico nel caso un sovraccarico/cortocircuito produca una erogazione di corrente pari o superiore a 25A. Per la taratura dell’SCR, nuovamente, si inizia spegnendo Maciste. A questo punto, si osserva il potenziometro R9 e si memorizza la posizione del suo indice, il quale – in seguito - va portato a metà corsa. Dopo aver acceso l’alimentatore, è necessario verificare che esso produca una tensione continua pari a 15Vdc (nel caso, è possibile ritoccare R9 per raggiungere tale valore). Ora, con calma e senza distrarsi, l’indice di R13 va portato verso l’estremo collegato a R14: nel momento in cui l’SCR inizia a condurre, si spegne Maciste e si riporta l’indice di R9 nella posizione che corrisponde ai 13.8Vdc richiesti all’uscita dell’alimentatore. Lo spegnimento di Maciste va fatto con la maggiore celerità possibile: la conduzione interna dell’SCR ha messo in cortocircuito i terminali d’uscita dell’alimentatore, e – nonostante la presenza dell’UA723C e della resistenza di cortocircuito, precedentemente tarata - sussiste il rischio di bruciare il fusibile (in funzione, anche, delle sue qualità e portata) posto in serie al primario del trasformatore di rete. Comunque, una volta tarato l’SCR, è possibile utilizzare Maciste in sicurezza (quantomeno, tale è la speranza di chi vuole realizzare e sfruttare questo alimentatore).