Giacomo, preamplificatore microfonico a JFETs
Giacomo è il primo preamplificatore microfonico che ho autocostruito, per abbinarlo - in seguito - al mio Kenwood TS-140S. Il tutto è composto da uno stadio preamplificatore in cui sono utilizzati 3 transistors ad effetto di campo (JFETs), e dallo stadio alimentatore per il preamplificatore. Tecnicamente, Giacomo è molto simile ad altri colleghi di marche e modelli molto conosciuti nell’ambito radioamatoriale. Non è stata mia intenzione inventare un microfono che potesse sostituire degnamente quanto già disponibile in commercio. Non l’ho mai pensato e, se l’avessi fatto, non credo che ci sarei riuscito. Semplicemente, mi è piaciuto, e mi piace, come funziona. I riscontri positivi degli amici radioamatori che hanno ascoltato la mia emissione “by Giacomo” sono stati l’atto finale che mi ha portato alla convinzione sulla bontà del mio stesso progetto.
Stadio preamplificatore
Giacomo - Stadio preamplificatore
Schema elettrico (PDF)
Il preamplificatore di Giacomo è un semplice circuito in cui sono presenti 3 transistors ad effetto di campo (JFETs), oltre ai componenti (resistenze, condensatori, etc.) necessari per polarizzare tali semiconduttori, per accoppiare il preamplificatore alla capsula microfonica ed all’ingresso microfono dell’RTX (nonché, per collegare, tra loro, i due stadi del preamplificatore), e per fornire l’alimentazione elettrica ad una capsula ECM eventualmente collegata all’ingresso di Giacomo. Dopo aver superato il filtro passa alto composto da C1 e R1 (con frequenza di taglio pari a 15 Hz, circa), il segnale AF arriva ai primi due JFETs, una coppia di BF245C inclusi in una configurazione circuitale detta “microamp” (μ-amp, o microbooster), capace di amplificare fino a 500 volte il segnale posto al suo ingresso.
Comunemente utilizzato nell’era delle valvole, il microamp venne applicato ai semiconduttori dalla National Semiconductors, che – nella sua application note AN32 - include alcuni schemi nei quali i JFETs sono utilizzati in configurazione μ-amp. Jack Orman, chitarrista e sperimentatore di effetti audio, pubblicò – qualche anno dopo – lo schema di un circuito basato su questa configurazione, al quale diede il nome “microbooster”.[1]
Tale segnale AF amplificato viene prelevato dall’uscita del microamp ed applicato al gate del terzo transistor, un BF245B, accoppiato “in continua” (cioè, senza condensatore di disaccoppiamento) allo stadio precedente ed in configurazione a drain comune, dal cui source esce il segnale audio (che prosegue verso l’RTX) prodotto dal preamplificatore. La particolare configurazione del terzo FET consente una uscita a bassa impedenza per l’AF, il che, nelle mie intenzioni, dovrebbe consentire l’utilizzo di (pressochè) qualunque cavo di segnale ad audiofrequenza per collegare il preamplificatore all’RTX. Tutto questo per evitare che, qualora il segnale venga prelevato da una uscita ad alta impedenza (come il drain di un FET, piuttosto che il suo source), la bassa impedenza del cavo possa avere effetti negativi (attenuazione) sul segnale stesso (in particolare, sulle sue frequenze più alte). Oltre a questo circuito AF, il preamplificatore ospita anche la componentistica che permette l’alimentazione elettrica di una capsula ECM. Ovvero, un diodo zener ZTE2, con relativa resistenza di limitazione, ai cui capi è possibile prelevare una tensione pari a 2 Vdc da inviare alla capsula. Detta tensione è disponibile sul pin 2 del connettore AF di ingresso del preamplificatore. Tra l’anodo dello zener (che opera in polarizzazione diretta) e l’ingresso di Giacomo, è la resistenza di carico del JFET integrato all’interno della capsula medesima: a valle di questa resistenza (seguendo il percorso dell’alimentazione diretta al trasduttore) è il punto in cui il segnale audio, in arrivo dalla capsula, viene prelevato e fatto giungere all’ingresso del microamp. Il tutto è ospitato all’interno di un piccolo box metallico, isolato da tutte le masse elettriche di preamplificatore ed alimentatore, ma collegato alla calza in rame dei cavi posti all’ingresso ed all’uscita del primo, consentendo la necessaria continuità elettrica per il conduttore di schermatura dalla capsula microfonica fino all’ingresso microfono dell’RTX.
Stadio alimentatore
Giacomo - Stadio alimentatore
Schema elettrico (PDF)
L’alimentatore di Giacomo si basa sul classico LM317, l’integrato che regola e stabilizza la tensione elettrica applicata allo stadio preamplificatore. Il circuito inizia con un trasformatore (di potenza elettrica pari a 4VA, circa), al cui primario è applicata la tensione di rete (230Vac, 50Hz), avente un unico secondario con tensione pari a 35Vac e corrente che può arrivare ad un massimo pari a 100mA. Una volta raddrizzata e livellata, la tensione continua viene stabilizzata, come detto, da un integrato LM317, che i fornisce 40Vdc con i quali viene alimentato elettricamente il preamplificatore. Tali 40Vdc vengono equamente suddivisi tra i due transistors del microamp (alimentati – ciascuno - a 20Vdc). 20Vdc è anche la tensione presente sul gate del terzo JFET, accoppiato direttamente all’uscita del microamp. Per polarizzare correttamente il transistor d’uscita di Giacomo, è necessario che sul suo source sia presente una tensione continua (detta Vgs) superiore di 2.7Vdc, circa, rispetto alla tensione presente sul suo gate. Vale a dire, sul source di Q3 ci devono essere (più o meno) 23Vdc. Assumendo che nel transistor scorra una corrente di stand-by pari a 5mA, è possibile ottenere la Vgs richiesta applicando tra source e massa una resistenza pari a 4700 Ohm. In tal modo, Q3 risulta alimentato a 17Vdc, circa.